231 e reati ambientali: per la Cassazione il vantaggio per l’impresa è nel risparmio dei costi

10 Ottobre 2025
reati ambientali

La gestione dei rifiuti è un tema sempre più delicato, sia dal punto di vista ambientale che normativo.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 27669 del 28 luglio 2025, terza sezione penale) ha chiarito un punto fondamentale nell’ambito della responsabilità amministrativa degli enti prevista dal Modello 231 e reati ambientali: quando si parla di “vantaggio” derivante dalla commissione di un reato ambientale, questo deve essere calcolato non in base al valore commerciale del materiale coinvolto, ma sulla base delle spese che l’azienda ha evitato di sostenere, in particolare i costi di smaltimento.

Il caso: gestione di discarica non autorizzata

La sentenza riguarda un caso di gestione di discarica non autorizzata, disciplinato dall’articolo 256, del Dlgs 152/2006.
Secondo i giudici, il vantaggio ottenuto dall’ente non dipende dal valore di mercato dei rifiuti, che spesso è nullo o addirittura negativo poiché richiede processi di trattamento costosi, ma dal risparmio economico derivante dal non aver effettuato lo smaltimento corretto.
Questo principio viene definito come la logica del risparmio illecito, che permette di individuare sia il vantaggio, sia la base di calcolo del profitto confiscabile.

Le conseguenze economiche per l’ente

Nel rigettare il ricorso dell’impresa coinvolta, la Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, giudicando corretto:

  • non considerare il valore commerciale del materiale gestito illegalmente;
  • includere nei calcoli anche i costi di trasporto, anche nel caso in cui l’azienda avesse mezzi propri;
  • applicare l’IVA al 10% sull’importo da confiscare.

Questa interpretazione severa si inserisce in un contesto normativo che, negli ultimi anni, ha visto un inasprimento delle sanzioni in materia ambientale, con un ampliamento costante del catalogo dei reati presupposto previsti dal Dlgs 231/2001.
Un passo importante in questa direzione è stato compiuto con il decreto-legge n. 116 dell’8 agosto 2025, pensato per contrastare le attività illegali legate alla gestione dei rifiuti, con particolare attenzione alle aree critiche come la Terra dei Fuochi.

Interesse e vantaggio: le due prospettive

L’articolo 5 del Dlgs 231/2001 stabilisce che la responsabilità dell’ente si applica solo ai reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio, due concetti distinti:

  • Interesse: si valuta ex ante, ovvero prima della commissione del reato, come finalizzazione a un arricchimento indebito, anche se non realizzato.
  • Vantaggio: si considera ex post, cioè dopo il reato, come beneficio concreto ottenuto, anche se non programmato (Cass. n. 15543/2021).

Nel caso dei reati ambientali, il vantaggio si manifesta quasi sempre come risparmio di spesa, che diventa un parametro fondamentale per la confisca diretta o per equivalente prevista dall’articolo 19 del Dlgs 231/2001.

Risparmio economico e scelte organizzative

Il concetto di vantaggio non si limita solo al risparmio immediato sui costi di smaltimento.
Può riguardare anche scelte gestionali e organizzative inadeguate, come l’omissione di investimenti in sistemi di raccolta e trattamento dei rifiuti.
La Cassazione (sentenza n. 21034/2022) ha infatti chiarito che la responsabilità può derivare anche da una singola violazione, se questa è frutto di una politica aziendale non conforme agli standard di legge, anche quando non vi sia un risparmio diretto.

231 e reati ambientali: applicabilità anche ai reati colposi

Questi principi si applicano non solo ai reati ambientali dolosi, ma anche a quelli colposi, ossia commessi per negligenza o mancanza di controllo.
Le Sezioni Unite penali della Cassazione (sentenza n. 38343/2014) hanno stabilito che interesse e vantaggio devono essere valutati con riferimento alla condotta e non all’evento.
Un esempio pratico è rappresentato dall’omessa installazione di impianti o dispositivi di sicurezza, che avrebbe consentito di rispettare i limiti normativi ma che l’azienda ha evitato di implementare per ridurre tempi e costi.
Questo comportamento, anche se non finalizzato intenzionalmente al danno ambientale, rappresenta comunque un risparmio illecito e costituisce elemento di responsabilità (Cassazione n. 3157/2020).

Violazioni sistematiche o isolate: due orientamenti

Resta un punto di contrasto nella giurisprudenza:

  • secondo un primo orientamento (Cassazione n. 3157/2020), la violazione deve essere sistematica, frutto di una prassi aziendale consolidata, per configurare la responsabilità dell’ente;
  • secondo un’altra interpretazione (Cassazione n. 21034/2022), anche una singola trasgressione può essere sufficiente a far scattare le conseguenze previste dal Dlgs 231/2001.

La pronuncia della Cassazione ribadisce l’importanza di una gestione ambientale conforme alla normativa, sottolineando che, ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente, non conta solo il danno provocato, ma anche il vantaggio economico derivante dall’omissione di spese necessarie.
Per le imprese, questo significa che prevenzione, controlli interni e adeguati assetti organizzativi non sono solo obblighi legali, ma strumenti fondamentali per evitare pesanti sanzioni e tutelare l’immagine aziendale.

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