Crediti d’imposta per Ricerca e Sviluppo: quando sono considerati inesistenti e quando non spettanti

12 Settembre 2025
crediti d’imposta per ricerca e sviluppo

Negli ultimi anni il tema dei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo (R&S) è stato oggetto in alcuni casi di contestazioni fiscali, generando incertezze sia per le imprese che per i professionisti che le assistono. Con la pubblicazione dell’atto di indirizzo del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) del 1° luglio 2025, si aprono nuovi scenari interpretativi che potrebbero avere un impatto significativo sui procedimenti di accertamento relativi ai crediti maturati tra il 2015 e il 2019.

Questo documento fornisce chiarimenti fondamentali sulla distinzione tra crediti “inesistenti” e crediti “non spettanti”, con importanti conseguenze in termini di contenzioso, procedure di verifica e termini di accertamento.

Il contesto: le agevolazioni per i Crediti d’imposta per Ricerca e Sviluppo

L’articolo 3 del DL 145/2013, come noto, ha introdotto un incentivo fiscale volto a stimolare la competitività delle imprese italiane attraverso la promozione di investimenti in attività di ricerca e innovazione.

Tuttavia, la definizione di quali progetti possano rientrare nella nozione di “ricerca e sviluppo” ha dato luogo a interpretazioni differenti. Negli anni, l’Agenzia delle Entrate ha talvolta contestato i crediti d’imposta concessi, basandosi anche su criteri tecnici derivanti dal Manuale di Frascati, un documento internazionale che definisce parametri per la classificazione delle attività di R&S.

Queste contestazioni hanno portato a contenziosi, con conseguenze talvolta pesanti per le imprese, tra recuperi di imposta, sanzioni e interessi.

Le novità introdotte dal MEF

L’atto di indirizzo pubblicato dal MEF fornisce una precisazione importante: un credito può essere considerato “inesistente” solo in casi specifici, ossia quando mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi previsti dalle norme che hanno istituito l’agevolazione, oppure quando è stato generato attraverso una rappresentazione fraudolenta dei fatti.

In altre parole, un credito è inesistente se non ha alcuna base normativa o se deriva da comportamenti fraudolenti.

Diversa, invece, è la situazione dei crediti che vengono contestati sulla base di valutazioni tecniche non direttamente richiamate dalla normativa, come, appunto, quelle fondate sul Manuale di Frascati.
In questo caso, il credito non può essere considerato “inesistente”, ma semplicemente “non spettante”.

Manuale di Frascati: un parametro non vincolante

Negli anni, molte verifiche fiscali hanno fatto riferimento al Manuale di Frascati per stabilire se un progetto avesse effettivamente carattere innovativo. Tuttavia, questo documento non è mai stato formalmente recepito nella normativa italiana.

Il MEF ha quindi chiarito che la mancanza del requisito di “innovatività” di un progetto di ricerca e sviluppo, basata esclusivamente sui criteri del Manuale, non può giustificare la qualificazione di un credito come inesistente.

Questa precisazione è di grande rilievo, poiché riduce la portata di numerose contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza nel corso degli anni

Impatti sulle procedure di accertamento

La distinzione tra credito “inesistente” e credito “non spettante” ha conseguenze rilevanti anche dal punto di vista procedurale.

Per i crediti non spettanti, infatti, la normativa (art. 6-bis della Legge 212/2000, Statuto del contribuente) richiede l’emissione di un atto preliminare, volto ad avviare il contraddittorio con l’impresa prima della notifica del recupero.
Se tale fase non viene rispettata, l’intero procedimento può essere dichiarato nullo.

Questo significa che molti atti di recupero già notificati, se relativi a crediti ritenuti inesistenti ma che, alla luce dei nuovi chiarimenti, devono essere considerati semplicemente non spettanti, potrebbero essere invalidati in sede contenziosa.

Autotutela obbligatoria e facoltativa

Dal 18 gennaio 2024 sono entrate in vigore importanti novità sul tema dell’autotutela, introdotte dagli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto del contribuente.

Queste norme prevedono che l’amministrazione finanziaria, in presenza di contestazioni infondate, archivi la pratica senza portarla avanti, evitando così di generare un contenzioso che, alla luce dei nuovi chiarimenti, potrebbe rivelarsi dannoso non solo per l’impresa, ma anche per il fisco stesso.

La nuova interpretazione del MEF rafforza, dunque, l’importanza di una corretta verifica preliminare da parte degli uffici, prima di procedere con accertamenti e recuperi.

A conferma di questa direzione, si segnala la sentenza n. 15039 del 29 luglio 2025 del TAR Lazio, che ha stabilito che i principi del Manuale di Frascati non possono essere applicati retroattivamente alle attività di ricerca e sviluppo svolte tra il 2015 e il 2019.

Come difendersi dalle contestazioni

Le imprese che ricevono uno schema d’atto o un atto di recupero relativo a crediti R&S dovrebbero:

  1. Documentare accuratamente i progetti svolti, fornendo tutta la documentazione tecnica che dimostri la reale esecuzione delle attività di ricerca e sviluppo;
  2. Contestare l’uso esclusivo del Manuale di Frascati, evidenziando che, secondo i recenti chiarimenti del MEF, questo non può costituire la base per qualificare il credito come inesistente;
  3. Verificare i termini di decadenza, poiché per i crediti non spettanti l’amministrazione ha tempo fino al 31 dicembre del quinto anno successivo alla compensazione per procedere con l’accertamento.

I chiarimenti del MEF rappresentano un passo avanti importante verso una maggiore certezza normativa sui Crediti d’imposta per Ricerca e Sviluppo, un ambito che, negli ultimi anni, ha creato notevoli difficoltà a imprese e professionisti.

Distinguere correttamente tra crediti inesistenti e quelli non spettanti non è solo una questione tecnica, ma ha conseguenze dirette sulla validità delle procedure di accertamento e sulla possibilità di difesa delle imprese.

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