Crisi d’impresa: evoluzione della disciplina

Crisi d’impresa: cos’è e cosa comporta

Dal punto di vista prettamente aziendalistico, la crisi d’impresa è un processo originato da diverse possibili cause legate a fatti interni e/o esterni all’azienda, che, se non gestiti adeguatamente, possono aggravare la situazione economico finanziaria sino all’insolvenza e di conseguenza condurre al fallimento.

Secondo la dottrina, lo stato di crisi di un’azienda passa per quattro stadi e fasi:

  • incubazione: si hanno segnali di decadenza e di squilibrio economico-finanziario;
  • maturazione: si hanno perdite reddituali e diminuzione del valore del capitale economico;
  • ripercussione sui flussi di cassa: conseguente perdita di fiducia nell’impresa
  • esplosione della crisi: si genera una situazione di insolvenza, incapacità dell’impresa di adempiere alle proprie obbligazioni.

La crisi ha, ovviamente, un andamento degenerativo; se individuata ed attuate tempestivamente le necessarie misure di contenimento, si hanno maggiori possibilità di poterla superare ed evitare, così, che si trasformi in insolvenza, stato in cui l’azienda non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

La Riforma della Crisi d’Impresa

Con il decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, emanato in ottemperanza a quanto stabilito nella legge delega (legge n. 155/2017), è stato approvato il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, anche noto come “Codice della Crisi”.

Il principale scopo della riforma è quello di evitare che il ritardo nel percepire i segnali di crisi di un’impresa possa portare ad uno stato di crisi irreversibile, con conseguenze negative anche su tutti coloro che hanno rapporti economici con l’impresa in crisi.

In caso di rilevazione di segnali di allerta, la riforma prevede l’intervento dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCCRI), che ha il compito di ricevere le segnalazioni e gestire la fase di allerta, nonché il procedimento di composizione assistita della crisi per le imprese diverse dalle imprese minori.

La riforma prevede le seguenti modifiche alla legge fallimentare:

  • si sostituisce il termine fallimento con l’espressione “liquidazione giudiziale”;
  • si privilegiano, tra gli strumenti di gestione delle crisi e dell’insolvenza, procedure alternative a quelle dell’esecuzione giudiziale;
  • si semplificano le disposizioni in materia concorsuale;
  • si prevede la riduzione dei tempi e dei costi delle procedure concorsuali;
  • si istituisce presso il Ministero della Giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere su incarico del tribunale funzioni di gestione o di controllo nell’ambito di procedure concorsuali, con l’indicazione dei requisiti di professionalità esperienza e indipendenza necessari all’iscrizione;
  • si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dei dipendenti.

La riforma è intervenuta anche sull’obbligo di nomina del revisore o dell’organo di controllo nelle S.r.l. attraverso la modifica dell’art. 2477 c.c., che ora, dopo diverse modifiche, prevede limiti molto più bassi rispetto alla precedente versione.

Sono tenute alla nomina dell’organo di controllo o del revisore le S.r.l. che hanno superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti dimensionali:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale pari a 4 milioni di euro;
  • ricavi di vendite e prestazioni pari a 4 milioni di euro;
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 20 unità.

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