Sempre più aziende stanno adottando misure per conformarsi alle normative vigenti e prevenire il rischio di greenwashing, consapevoli dell’impatto che queste pratiche possono avere sulla loro reputazione aziendale.
A partire dal 26 marzo 2024, è diventata operativa la Direttiva (UE) 2024/825, nota come “Direttiva Empowering“, volta a rafforzare la tutela dei consumatori durante la transizione verso pratiche più sostenibili. Questa normativa introduce modifiche sostanziali alla Direttiva sulle pratiche commerciali sleali (Direttiva 2005/29/CE), con particolare attenzione alla lotta contro il greenwashing. Si tratta di regolamentazioni che mirano a garantire la trasparenza nelle dichiarazioni relative alla sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti e servizi, proteggendo i consumatori da informazioni ingannevoli o poco chiare.
In parallelo, il Consiglio UE è in procinto di approvare definitivamente la Proposta di direttiva relativa alla certificazione e comunicazione delle dichiarazioni ambientali (la cosiddetta “Green Claim Directive“), già provvisoriamente approvata dal Parlamento europeo il 12 marzo 2024. Questa normativa, che si basa sugli stessi principi della Direttiva Empowering, introduce regole ancora più rigorose in merito alle dichiarazioni ambientali esplicite. In particolare, tutte le affermazioni relative agli impatti ambientali e sociali di prodotti, servizi o attività aziendali devono essere formulate in modo chiaro, specifico, non ambiguo e accurato.
L’importanza di queste normative è chiara: le imprese devono prestare estrema attenzione a come comunicano gli aspetti di sostenibilità dei loro prodotti o servizi, per evitare accuse di greenwashing, che potrebbero avere conseguenze legali significative.
Il rischio di greenwashing e le implicazioni penali
Il greenwashing non rappresenta solo un rischio reputazionale, ma può portare anche a conseguenze legali rilevanti. Tra i reati potenzialmente configurabili troviamo:
- Frode in commercio (art. 515 c.p.): Ad esempio, un’azienda energetica potrebbe dichiarare falsamente che l’energia fornita proviene esclusivamente da fonti rinnovabili.
- Indebita percezione di fondi pubblici (art. 316-ter c.p.) e Truffa aggravata (art. 640-bis c.p.): Un esempio potrebbe essere l’uso di certificazioni ambientali falsificate per ottenere finanziamenti pubblici.
- False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.): Dichiarazioni ambientali false che influenzano la percezione del pubblico sulla situazione economica dell’azienda.
- Aggiotaggio (art. 2637 c.c.): Diffondere false informazioni sulla sostenibilità aziendale per alterare il prezzo di strumenti finanziari.
- Ostacolo all’attività di vigilanza delle autorità pubbliche (art. 2638 c.c.): Fornire informazioni non veritiere sulle pratiche di sostenibilità per ostacolare le indagini delle autorità.
- Reati fiscali (art. 10-quater e art. 2 e 3 del D.Lgs. 74/2000): Esempi includono l’ottenimento di crediti d’imposta non dovuti tramite dichiarazioni false sulla sostenibilità aziendale.
Queste condotte, qualora si configurassero le condizioni previste dal Decreto Legislativo 231/2001, possono determinare la responsabilità amministrativa della persona giuridica. Per mitigare questi rischi, è fondamentale che le imprese implementino un Modello 231 efficace e aggiornato, che preveda strumenti specifici per prevenire tali reati.
Come il Modello 231 può aiutare a prevenire il greenwashing
Un Modello 231 ben strutturato può essere uno strumento cruciale per evitare il coinvolgimento dell’azienda in pratiche di greenwashing. Tra le misure preventive che si possono adottare, troviamo:
- Aggiornamento della valutazione dei rischi: Esaminare attentamente le dichiarazioni ambientali per verificare se possono comportare rischi di greenwashing alla luce delle nuove normative.
- Formalizzazione di codici e procedure: Creare policy specifiche in ambito di sostenibilità e anti-greenwashing, integrandole nel Modello 231.
- Formazione del personale: Sensibilizzare i dipendenti sui rischi legati al greenwashing, fornendo indicazioni chiare su come gestire i green claims.
- Adeguamento del Modello 231 alle normative ESG: Aggiornare i modelli aziendali per garantire che siano in linea con le norme in materia ambientale, sociale e di governance.
Molte organizzazioni hanno già avviato iniziative di adeguamento normativo per evitare pratiche di greenwashing, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia dei consumatori e degli stakeholder. In un contesto normativo sempre più complesso e insidioso dal punto di vista della regolamentazione delle attività di business, l’adozione di un Modello 231 che integri le più recenti normative ESG rappresenta non solo una protezione legale, ma anche un segnale forte di responsabilità aziendale verso la sostenibilità.
Pe ulteriori informazioni riguardo l’applicazione del Modello 231, rivolgiti a Bottari & Associati. Contattaci per maggiori informazioni o per una consulenza.