Responsabilità extracontrattuale dell’imprenditore e adeguati assetti: un nuovo equilibrio tra rischio e colpa

30 Luglio 2025
Responsabilità extracontrattuale dell’imprenditore

Negli ultimi anni, l’evoluzione normativa e il crescente interesse per la gestione consapevole delle imprese hanno portato a una rilettura della responsabilità extracontrattuale dell’imprenditore. In particolare, l’obbligo introdotto dall’art. 2086, comma 2, del Codice Civile – che impone all’imprenditore l’adozione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili – incide profondamente sia sulle responsabilità contrattuali sia su quelle extracontrattuali.

L’adempimento di tale dovere non è più solo una misura interna di efficienza, ma assume anche una valenza esterna: rappresenta uno strumento di protezione nei confronti di terzi, compresa la collettività. In quest’ottica, emerge il concetto di colpa organizzativa: l’omessa adozione di assetti adeguati può costituire, di per sé, un comportamento colposo suscettibile di produrre responsabilità civile.

La colpa organizzativa come nuova chiave interpretativa

Un’impresa oggi è chiamata a strutturarsi non solo per crescere e generare profitto, ma anche per tutelare i propri interlocutori esterni. La responsabilità extracontrattuale dell’imprenditore, quindi, non può più essere letta secondo i soli parametri classici, ma deve tenere conto della capacità dell’impresa di prevenire i danni attraverso un assetto organizzativo coerente, efficace e monitorato nel tempo.

Tradizionalmente, la responsabilità extracontrattuale – disciplinata dall’art. 2043 c.c. – si fonda su un criterio soggettivo: dolo o colpa. Tuttavia, nell’ambito imprenditoriale, questa lettura si arricchisce: la colpa può consistere anche nella mancanza di una struttura organizzativa idonea a prevenire i danni. Il mancato rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 2086 c.c. può dunque assumere rilievo anche sul piano extracontrattuale.

L’imprenditore non è responsabile in quanto tale, ma lo diventa quando non adotta le misure organizzative necessarie per prevenire i rischi insiti nella sua attività. In altre parole, non è la semplice attività economica a generare responsabilità, ma il modo in cui questa viene strutturata e gestita. Qui entra in gioco il concetto di prevenzione come presupposto di legalità e di diligenza professionale.

Dalla colpa oggettiva al rischio d’impresa

Le implicazioni sono molteplici: un danno causato da una gestione disorganizzata o da una mancanza di strumenti di controllo può dare origine a una responsabilità extracontrattuale per colpa organizzativa. In questo contesto, anche la mancanza di un piano di continuità aziendale o l’assenza di un controllo interno efficiente possono configurare un comportamento negligente.

Nel dibattito giuridico si è discusso a lungo sull’opportunità di configurare una forma di responsabilità oggettiva per rischio d’impresa. Secondo questa teoria, chi trae profitto da un’attività dovrebbe anche farsi carico dei danni che tale attività può generare, anche in assenza di colpa.

Tuttavia, questa impostazione non è stata pienamente accolta nel nostro ordinamento. Il legislatore italiano, pur riconoscendo la necessità di tutelare i terzi, ha preferito mantenere un’impostazione che valorizza il criterio della colpa, in particolare attraverso l’obbligo di adeguati assetti. Questo consente di bilanciare la libertà di iniziativa economica con la tutela dell’interesse pubblico, come stabilito dall’art. 41 della Costituzione.

In questa prospettiva, il rischio imprenditoriale non viene azzerato, ma gestito attraverso strumenti organizzativi che riducono la possibilità di danni a terzi. L’imprenditore, dunque, non è chiamato a rispondere per il semplice fatto di esercitare un’attività economica, ma per come gestisce il rischio insito in quella stessa attività.

Il ruolo dell’interprete e il peso della prova

Nel contesto attuale, spetta all’interprete – e in particolare al giudice – valutare se un imprenditore ha effettivamente rispettato il dovere di dotarsi di un’organizzazione idonea a prevenire danni. In caso contrario, potrà essere ritenuto responsabile anche in assenza di un danno direttamente riconducibile a una condotta intenzionale o negligente.

Dal punto di vista probatorio, si fa sempre più strada il principio della vicinanza della prova: non è il danneggiato a dover dimostrare la colpa dell’imprenditore, ma è quest’ultimo a dover provare di aver adottato tutte le misure organizzative necessarie per evitare il danno.

L’impianto normativo premia l’imprenditore consapevole e organizzato, e penalizza chi si affida all’improvvisazione. Per questo motivo, dotarsi di assetti adeguati non è solo una questione giuridica, ma diventa un imperativo etico, manageriale e reputazionale.

La portata dell’art. 2086, comma 2, c.c. è ampia. L’imprenditore ha oggi il dovere – non più solo morale o gestionale, ma giuridico – di prevenire situazioni di rischio attraverso un’adeguata governance. Questo dovere si trasforma in un criterio di valutazione della responsabilità, soprattutto quando l’attività svolta ha un impatto potenzialmente pericoloso per la collettività o per soggetti terzi.

Adeguati assetti: tra dovere organizzativo e presidio di legalità

L’introduzione di adeguati assetti non deve essere considerata una semplice formalità burocratica, ma rappresenta una vera e propria condizione di legittimazione all’esercizio dell’attività economica. È un presidio di legalità che tutela non solo l’impresa stessa, ma anche i suoi stakeholder.

Inoltre, il mancato rispetto di questi obblighi può compromettere anche la responsabilità degli organi amministrativi e dei professionisti coinvolti, come sindaci e revisori, i quali sono chiamati a vigilare sulla correttezza degli assetti organizzativi adottati.

La responsabilità extracontrattuale dell’imprenditore, si configura oggi come un sistema fondato su una colpa strutturale, più che sulla colpa individuale. La prevenzione del danno passa per l’organizzazione d’impresa: l’imprenditore risponde non solo per quello che fa, ma anche per come struttura e governa la sua impresa.

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