La sentenza n. 34452/2023 delle Sezioni Unite della Cassazione ha posto fine al dibattito sulla distinzione tra crediti non spettanti e crediti inesistenti nelle procedure di controllo automatizzate, chiarendo che Il credito è sempre non spettante quando la mancanza degli elementi costitutivi dello stesso è potenzialmente riscontrabile con le procedure di controllo automatizzate.
Ne deriva che la sanzione irrogabile sarà, in tali casi, quella del 30% e non quella dal 100% al 200%, (come si era già ipotizzato con la Riforma Fiscale, ne avevamo parlato QUI), prevista invece nel caso di inesistenza del credito.
Se l’Agenzia delle Entrate vuole contestare l’inesistenza di un credito, pertanto, dovrà fornire motivazioni più solide, poiché, come ha rimarcato la Cassazione non può essere sufficiente la mera mancanza di uno degli elementi costitutivi del credito d’imposta.
Oltretutto, l’Ufficio dovrà dare una spiegazione valida del perché, dal suo punto di vista, non sarebbe stato possibile contestare il vizio in sede di procedura di controllo automatizzata.
Le Sezioni Unite hanno poi chiarito che:
- il maggior termine decadenziale di otto anni si applica solo ai crediti inesistenti e non a quelli non spettanti;
- che la sentenza ha una portata chiarificatrice sin dall’origine delle due tipologie di violazioni, cioè dal 2016, ed è dunque applicabile anche per il passato;
- le medesime considerazioni valgono anche ai fini penali, per la corretta applicazione dell’articolo 10-quater, del Dlgs 74/2000.
Questa sentenza avrà importanti implicazioni per l’applicazione delle sanzioni amministrative e penali nel diritto tributario. Le autorità di controllo devono porre attenzione a questa distinzione e motivare adeguatamente le contestazioni dei crediti inesistenti.
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