La semplice registrazione di un brevetto non garantisce, di per sé, l’accesso al credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (R&S). Per poter beneficiare di questa agevolazione fiscale, i progetti devono rispettare precisi criteri stabiliti dalla normativa vigente, in particolare quelli riferibili alle categorie di “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e “sviluppo sperimentale”. Questo principio è stato enunciato dalla Corte di giustizia tributaria (Cgt) di secondo grado dell’Emilia-Romagna con la sentenza n. 285/13/2024.
Perché il brevetto non basta per ottenere il Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo?
La Corte ha chiarito un aspetto fondamentale: la brevettabilità di un prodotto o di un sistema non è sufficiente di per sé per ottenere il credito d’imposta R&S. Sebbene il procedimento di registrazione di un brevetto possa offrire indicazioni utili sulla natura delle attività svolte, la valutazione definitiva spetta esclusivamente all’Amministrazione finanziaria.
Infatti, ai sensi dell’articolo 2 del Dm del 27 maggio 2015, solo le attività che rientrano nelle seguenti categorie possono beneficiare del credito d’imposta:
- Ricerca fondamentale: studi teorici e sperimentali condotti per acquisire nuove conoscenze senza obiettivi pratici immediati.
- Ricerca industriale: indagini mirate a sviluppare nuove soluzioni per applicazioni industriali.
- Sviluppo sperimentale: attività concrete finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi, oppure al miglioramento significativo di quelli esistenti.
La documentazione insufficiente: cosa è mancato
Nel caso in questione, la documentazione presentata dalla società, pur contenendo riferimenti ai gruppi di lavoro, alle presenze giornaliere e alle attività eseguite, è stata considerata priva di elementi essenziali. Mancavano descrizioni dettagliate delle attività di ricerca, analisi teoriche e operative, riferimenti agli studi condotti e ai risultati ottenuti.
La Corte ha osservato che i documenti prodotti apparivano come semplici “report generici”, realizzabili in qualsiasi momento, senza alcun nesso chiaro con l’effettiva attività di ricerca e sviluppo dichiarata. La mancanza di concretezza e di approfondimento tecnico ha quindi indebolito la difesa della società.
Il ruolo del rappresentante legale
Un altro aspetto cruciale emerso in giudizio è stata l’incapacità del rappresentante legale della società di fornire chiarimenti adeguati. La Corte ha rilevato come il rappresentante non sia stato in grado di spiegare con precisione:
- Le modalità di gestione del personale impiegato nelle attività di ricerca;
- I compiti specifici assegnati ai diversi team di lavoro;
- Il tipo di ricerche effettuate sui materiali e le metodologie adottate.
Come dimostrare l’attività di R&S
La sentenza pone in risalto il fatto che il solo possesso di un brevetto non è sufficiente: è necessario dimostrare, secondo la Corte, con una documentazione puntuale e dettagliata, che le attività svolte rientrano effettivamente nelle categorie di ricerca fondamentale, ricerca industriale o sviluppo sperimentale.
Le imprese devono essere in grado di fornire:
- Report tecnici e analitici che descrivano con precisione le attività svolte;
- Evidenze documentali degli studi effettuati e dei risultati raggiunti;
- Pianificazioni operative che chiariscano gli obiettivi della ricerca e le metodologie adottate.
Inoltre, è fondamentale che i rappresentanti aziendali siano in grado di illustrare in modo chiaro e completo il progetto e la sua conformità ai requisiti normativi.
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