Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo: il brevetto non basta

18 Dicembre 2024
credito d’imposta ricerca e sviluppo

La semplice registrazione di un brevetto non garantisce, di per sé, l’accesso al credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (R&S). Per poter beneficiare di questa agevolazione fiscale, i progetti devono rispettare precisi criteri stabiliti dalla normativa vigente, in particolare quelli riferibili alle categorie di “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e “sviluppo sperimentale”. Questo principio è stato enunciato dalla Corte di giustizia tributaria (Cgt) di secondo grado dell’Emilia-Romagna con la sentenza n. 285/13/2024.

Perché il brevetto non basta per ottenere il Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo?

La Corte ha chiarito un aspetto fondamentale: la brevettabilità di un prodotto o di un sistema non è sufficiente di per sé per ottenere il credito d’imposta R&S. Sebbene il procedimento di registrazione di un brevetto possa offrire indicazioni utili sulla natura delle attività svolte, la valutazione definitiva spetta esclusivamente all’Amministrazione finanziaria.

Infatti, ai sensi dell’articolo 2 del Dm del 27 maggio 2015, solo le attività che rientrano nelle seguenti categorie possono beneficiare del credito d’imposta:

  1. Ricerca fondamentale: studi teorici e sperimentali condotti per acquisire nuove conoscenze senza obiettivi pratici immediati.
  2. Ricerca industriale: indagini mirate a sviluppare nuove soluzioni per applicazioni industriali.
  3. Sviluppo sperimentale: attività concrete finalizzate alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi, oppure al miglioramento significativo di quelli esistenti.

La documentazione insufficiente: cosa è mancato

Nel caso in questione, la documentazione presentata dalla società, pur contenendo riferimenti ai gruppi di lavoro, alle presenze giornaliere e alle attività eseguite, è stata considerata priva di elementi essenziali. Mancavano descrizioni dettagliate delle attività di ricerca, analisi teoriche e operative, riferimenti agli studi condotti e ai risultati ottenuti.

La Corte ha osservato che i documenti prodotti apparivano come semplici “report generici”, realizzabili in qualsiasi momento, senza alcun nesso chiaro con l’effettiva attività di ricerca e sviluppo dichiarata. La mancanza di concretezza e di approfondimento tecnico ha quindi indebolito la difesa della società.

Il ruolo del rappresentante legale

Un altro aspetto cruciale emerso in giudizio è stata l’incapacità del rappresentante legale della società di fornire chiarimenti adeguati. La Corte ha rilevato come il rappresentante non sia stato in grado di spiegare con precisione:

  • Le modalità di gestione del personale impiegato nelle attività di ricerca;
  • I compiti specifici assegnati ai diversi team di lavoro;
  • Il tipo di ricerche effettuate sui materiali e le metodologie adottate.

Come dimostrare l’attività di R&S

La sentenza pone in risalto il fatto che il solo possesso di un brevetto non è sufficiente: è necessario dimostrare, secondo la Corte, con una documentazione puntuale e dettagliata, che le attività svolte rientrano effettivamente nelle categorie di ricerca fondamentale, ricerca industriale o sviluppo sperimentale.

Le imprese devono essere in grado di fornire:

  • Report tecnici e analitici che descrivano con precisione le attività svolte;
  • Evidenze documentali degli studi effettuati e dei risultati raggiunti;
  • Pianificazioni operative che chiariscano gli obiettivi della ricerca e le metodologie adottate.

Inoltre, è fondamentale che i rappresentanti aziendali siano in grado di illustrare in modo chiaro e completo il progetto e la sua conformità ai requisiti normativi.

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