Con la risposta a interpello n. 187 del 17 marzo 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul Credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, pronunciandosi in materia di attività di R&S svolta da imprese commissionarie residenti in Italia in esecuzione di incarichi ricevuti da impresa estera.
Per comprendere meglio il chiarimento è utile un breve excursus della normativa sulla “ricerca commissionata”.
La Circolare 5/E del 2016, esplicativa dell’art. 3 del D.L. 145/2013, non riteneva ammissibili, ai fini della determinazione del Credito d’imposta, le spese di R&S sostenute da imprese residenti in Italia in esecuzione di contratti di ricerca stipulati con imprese non residenti e prive di stabili organizzazioni in Italia.
Da gennaio 2017, invece, con l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 3 D.L. 145/2013, il soggetto commissionario residente che eseguiva attività di R&S per conto di committenti esteri veniva equiparato, ai fini dell’agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in proprio: nella determinazione del Credito d’ imposta trovavano dunque applicazione le medesime regole valide per le imprese residenti che effettuano investimenti in R&S.
La Legge di Bilancio 2020 ha sostituito la normativa precedente, e non ha previsto alcuna disposizione che regoli le attività di ricerca svolte dal commissionario residente per conto di committenti non residenti. Per tale ragione, l’Agenzia delle Entrate – con l’interpello citato – ha chiarito che, a partire dal 1° gennaio 2020 devono considerarsi escluse dall’ambito di applicazione della misura le spese sostenute per attività di ricerca svolte dai commissionari residenti in Italia, sulla base di contratti con soggetti esteri.
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