Il D.L. 146/2021, entrato in vigore dal 22 ottobre 2021, ha modificato radicalmente il meccanismo di funzionamento del Patent Box.
Il nuovo regime sta ricevendo, tuttavia, numerose critiche da pare di Confindustria, poiché passa dall’attuale meccanismo che fa perno sulla detassazione del reddito generato dall’asset ad una deduzione dei costi di ricerca e sviluppo associati agli intangibili agevolati. Tale incentivo, inoltre, non è più cumulabile con il credito d’imposta per ricerca e sviluppo previsto dalle agevolazioni Transizione 4.0.
Come ha spiegato il vicepresidente di Confindustria Francesco De Santis, il vecchio regime aveva l’obiettivo di premiare le aziende che, mediante l’utilizzo degli asset immateriali, fossero in grado di accrescere la propria competitività e generare reddito, creando così valore aggiunto non solo per le imprese ma per il Paese nel suo complesso.
L’abrogazione del sistema attuale del Patent Box andrebbe, perciò, a penalizzare notevolmente PMI e start-up, che fanno degli intangibili la parte più rilevante del loro fatturato.
Differenze tra nuovo e vecchio Patent Box
Il vecchio Patent Box prevedeva l’esclusione dalla base imponibile del 50% dei redditi derivanti dall’utilizzo, anche congiunto, di software protetti da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.
Con il nuovo regime, le imprese potranno maggiorare del 90% la deduzione (sia ai fini Ires che Irap) dei costi per le attività di ricerca e sviluppo riguardanti i beni immateriali che sono svolte internamente ovvero mediante contratti con società diverse da quelle appartenenti allo stesso gruppo, o con università o enti di ricerca.
Permangono, tuttavia, alcuni dubbi relativi al periodo di transizione tra i due regimi. Secondo il decreto fiscale, infatti, per godere del Patent Box anche per il 2020 sarebbe necessario aver esercitato l’opzione prima del 21 ottobre, tagliando fuori quindi le aziende che legittimamente lo avrebbero fatto entro la scadenza fissata al 30 novembre 2021, e che sarebbero così costrette a scegliere il nuovo regime.
Come rilevato poi dall’ufficio studi di Camera e Senato, manca un termine di legge per l’emanazione del provvedimento attuativo da parte del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Si tratta di due problemi tecnici ai quali è chiamato a dare risposta il percorso di conversione in legge del decreto, già avviato dal Parlamento, che si dovrà concludere entro il 20 dicembre.
Tra gli aspetti positivi del nuovo regime, invece, si sottolinea l’opportunità per le aziende che svolgono attività di ricerca e sviluppo collegate a un brevetto di godere di un incentivo superiore, pari a circa il 25% dei costi agevolati, rispetto al Credito d’Imposta R&S&I&D. Il nuovo sistema, inoltre, premia gli investimenti in R&S a prescindere dalla capacità del brevetto di produrre dei ricavi.
Per valutare la reale portata del beneficio, tuttavia, è necessario attendere il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate che stabilirà, tra le altre cose, anche le spese ritenute agevolabili nel caso dei marchi d’impresa.
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