Responsabilità 231/2001 in materia antifortunistica

24 Giugno 2021
Responsabilità 231/2001 in materia antifortunistica

Con la sentenza n. 22256/2021, la Cassazione si pronuncia in merito al D. lgs 231/2001, relativamente alla sussistenza del requisito dell’interesse e del vantaggio dell’ente, nel caso di reati colposi di evento per violazione delle norme antinfortunistiche.

In particolare, la Cassazione conferma la condanna del datore di lavoro per lesioni, ma esclude la responsabilità dell’ente, prevista dal Dlgs 231/2001, quando il reato viene commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. L’ente non è dunque responsabile per l’infortunio subìto dal lavoratore, se la violazione della normativa antinfortunistica è il risultato di una sottovalutazione del rischio ma senza l’intenzione di risparmiare sui costi, massimizzando i profitti. I giudici di legittimità circoscrivono il raggio d’azione della norma “per evitare che questa venga applicata in automatico dilatando a dismisura il suo ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione”.

Il caso affrontato dalla sentenza riguardava l’infortunio subìto da un dipendente di una società di selezione dei rifiuti, investito da un altro lavoratore alla guida di un muletto. La condanna del datore di lavoro era scattata per non avere predisposto le adeguate misure di sicurezza per evitare tale tipo di evento, compreso un percorso per i mezzi delimitato da segnaletica orizzontale.

La corte sottolinea che se il giudice accerta l’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele necessarie, in un contesto di generale osservanza da parte dell’impresa delle norme in materia di sicurezza del lavoro, occorre per lui trovare una prova stringente del requisito dell’interesse e del vantaggio. È necessaria, dunque, la prova dell’oggettiva prevalenza dell’esigenza del profitto sulla salute dei lavoratori.

Nel caso in questione è stato evidenziato che non vi era prova che l’omessa adozione delle cautele fosse frutto di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa. Pertanto, i giudici confermano la condanna dell’amministratore delegato ma salvano l’impresa, annullando con rinvio.

 

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