La riforma del Codice della Crisi alla luce del decreto correttivo

25 Marzo 2022
Nuova riforma del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Il 17 marzo 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo che modifica il Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency). Le norme dovrebbero entrare in vigore entro il 17 luglio 2022, scadenza successiva a quella prevista per il Codice della crisi d’impresa, la cui data è fissata al 16 maggio.

Molte sono le modifiche e le novità introdotte, tra cui la rinnovata spinta alla continuità aziendale nel concordato preventivo e la determinazione degli adeguati assetti amministrativi contabili di cui devono dotarsi le imprese. Scompare l’OCRI, a beneficio della composizione negoziata, arricchita degli strumenti di segnalazione dei creditori qualificati e comunicazione da parte degli istituti di credito. Vengono adottati nuovi segnali di allarme da considerare per la rilevazione tempestiva della crisi, nasce il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO) e con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale.

Una delle principali novità presenti nello schema del decreto riguarda la definizione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati ai fini della rilevazione tempestiva dello stato di crisi e dell’assunzione di iniziative idonee al superamento della crisi e al recupero della continuità aziendale.

Lo schema del decreto specifica, infatti, da un lato, gli obiettivi cui devono mirare le misure e gli assetti per potersi ritenere adeguati alla rilevazione tempestiva della crisi e, dall’altro, i segnali di allarme rilevanti in rapporto agli stessi. 

In particolare, le misure e gli assetti ritenuti idonei dovranno consentire di:

  • rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  • verificare la non sostenibilità dei debiti, l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme;
  • ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

I segnali di allarme sono individuati come segue

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps, nel rispetto delle soglie da ultimo modificate a fine 2021. 

Tra le novità più importanti si segnalano, inoltre, le modifiche alla disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale e gli interventi marginali su quella del concordato liquidatorio e del concordato con assuntore. Tali modifiche sono volte a favorire maggiore libertà di azione dell’imprenditore (con modifiche alle regole sulle maggioranze e sulla priorità dei pagamenti), ridurre lo spazio di intervento del tribunale e valorizzare il consenso dei creditori.

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