In tema di responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001, la colpa di organizzazione – la quale rappresenta uno degli elementi costitutivi dell’illecito dell’ente – deve essere rigorosamente provata e non va confusa o sovrapposta con la colpevolezza della persona fisica responsabile del reato. Inoltre, l’assenza di un modello organizzativo o la sua inefficacia non basta per sanzionare l’impresa per la violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies D.Lgs. 231/2001).
Queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18413 della Quarta sezione penale, la quale ha stabilito la non applicabilità dell’articolo 25-septies del D.Lgs. 231/2001 in materia di infortuni sul lavoro nel caso in cui la colpa di organizzazione, cioè la mancata adozione o rispetto degli standard di sicurezza previsti, non sia rigorosamente provata oppure sia confusa con la colpevolezza del responsabile del reato.
Il ricorso che ha dato luogo alla sentenza era stato presentato da una Srl condannata per la violazione dell’articolo 25-septies, comma 3 del decreto legislativo n. 231/2001, a seguito dell’infortunio di un dipendente.
La condanna aveva evidenziato la mancanza di un modello di organizzazione e gestione ex D.Lgs. 231/2001 così come l’assenza di un organismo di vigilanza che verificasse in maniera sistematica la rispondenza dei macchinari aziendali alle direttive comunitarie.
La Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso presentato, in quanto la mancata adozione o l’inefficace applicazione di un modello organizzativo non costituisce di per sé un illecito dell’ente, se l’eventuale reato sarà imputabile alla singola persona fisica responsabile.
Affinché ci sia responsabilità dell’ente, infatti, la condotta del singolo deve essere la conseguenza di un preciso assetto organizzativo negligente dell’impresa e non di un atteggiamento soggettivo. Da qui la necessità di provare in modo certo la colpa di organizzazione.
Inoltre, se anche i vertici dell’impresa sono stati riconosciuti colpevoli a causa di specifiche omissioni e violazioni delle misure preventive, ciò non comporta una immediata traslazione di questa responsabilità in capo all’impresa. La colpa dell’amministrazione, infatti, di per sé non è assimilabile alla colpa di organizzazione, che invece definisce la responsabilità dell’ente.
Infine, la Cassazione ha evidenziato una certa confusione, da parte dell’impianto accusatorio, riguardo alle prerogative dell’organismo di vigilanza, cui vengono dati compiti di gestione della sicurezza che non rientrano tra gli incarichi assegnati dal D.Lgs. 231/2001, cioè sorvegliare e verificare regolarmente la funzionalità e il rispetto dei modelli organizzativi.
Come implementare un Modello Organizzativo 231 adeguato ed efficace
Secondo il decreto legislativo 231/20021, la società è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio, sia da persone con funzioni di rappresentanza, direzione o amministrazione, sia da persone che si trovano sotto la loro sorveglianza.
Ne consegue che l’adozione di un modello organizzativo 231 adeguato, completo ed efficace può costituire per l’impresa una vera e propria esimente dall’imputazione. Infatti, secondo l’articolo 6 del D.Lgs. 231/2001, la società può essere esonerata dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati presupposto se dimostra di avere redatto ed efficacemente applicato – prima della commissione del fatto – un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quelli verificatisi.
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