Whistleblowing: le nuove regole per rafforzare i modelli organizzativi 231

2 Agosto 2023
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Con il decreto legislativo n. 24 del 2023, entrato in vigore lo scorso 15 luglio, sono state introdotte importanti modifiche alla disciplina del whistleblowing, il fondamentale strumento di compliance aziendale, grazie al quale i dipendenti oppure terze parti (per esempio un fornitore o un cliente) di un’azienda possono segnalare, in modo riservato e protetto, eventuali illeciti riscontrati durante la propria attività.

L’obiettivo delle misure è quello di rafforzare la tutela di chi, all’interno di un’azienda pubblica o privata, denuncia condotte illegali di cui è venuto a conoscenza. Le nuove norme impongono, infatti, di rivedere e integrare adeguatamente i modelli organizzativi 231, al fine di garantire canali interni di segnalazione realmente efficaci e in grado di proteggere la riservatezza di segnalante e del contenuto della segnalazione, in ottemperanza alle regole contenute nella Direttiva UE sul Whitleblowing (2019/1937) del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019.

Il quadro normativo antecedente alla riforma

L’intreccio tra whistleblowing e responsabilità amministrativa degli enti non è una novità nell’ordinamento italiano. Già la legge 179 del 2017 aveva introdotto nel decreto legislativo 231 del 2001 alcune norme in materia (art. 6 comma 2-bis e seguenti), prevedendo l’inserimento nei Modelli Organizzativi 231 di specifici canali per le segnalazioni, misure contro le ritorsioni e sanzioni disciplinari. Tuttavia, non era stata ancora dettata una disciplina organica.

Le nuove regole sul Whistleblowing introdotte dal decreto legislativo 24/2023

Il nuovo decreto legislativo abroga e sostituisce le norme previgenti, dettando una disciplina più articolata e stringente. In particolare:

  • Sostituisce l’art. 6 comma 2-bis D.Lgs. 231/2001, prescrivendo che i modelli organizzativi prevedano canali di segnalazione interni riservati, divieto di ritorsioni e sistema disciplinare.
  • Abroga i commi 2-ter e 2-quater sulla tutela da misure ritorsive contro il segnalante.
  • Detta regole specifiche su modalità e gestione dei canali interni (art. 4 e 5): riservatezza, gestore indipendente, riscontro entro 3 mesi, informazioni chiare verso i dipendenti.
  • Introdurre il reato di “ritorsione” contro il segnalante (art. 17).
  • Imporre sanzioni disciplinari per le violazioni (art. 21).

Per le PMI fino a 249 dipendenti, l’obbligo di canale interno decorre dal 17 dicembre 2023. Fino ad allora, resta valido il comma 2-bis dell’art. 6 D.Lgs. n. 231/2001 precedente.

Le principali novità per i modelli organizzativi 231

I modelli organizzativi 231 dovranno quindi essere aggiornati per:

  • Prevedere uno o più canali di segnalazione interni così da garantire effettivamente la riservatezza di segnalante, segnalato e contenuti.
  • Affidare tali canali a un responsabile autonomo e imparziale, adeguatamente formato.
  • Stabilire l’obbligo di riscontrare le segnalazioni entro 3 mesi.
  • Informare in modo chiaro e accessibile dipendenti e collaboratori sulle procedure e tutele del whistleblowing interno.
  • Introdurre sanzioni disciplinari per chi compie ritorsioni o viola gli obblighi di riservatezza.

Si rammenta che l’adozione di un modello organizzativo 231 adeguato, completo ed efficace può costituire per l’impresa una vera e propria esimente dall’imputazione. Infatti, secondo l’articolo 6 del D.Lgs. 231/2001, la società può essere esonerata dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati presupposto se dimostra di avere redatto ed efficacemente applicato – prima della commissione del fatto – un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quelli verificatisi.

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Il corso ha come obiettivo quello di:

  • fornire ai partecipanti un quadro chiaro sulla normativa in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche in Italia;
  • esaminare le implicazioni organizzative e gestionali che caratterizzano l’implementazione del Modello Organizzativo personalizzato sulle specifiche attività dell’ente, in modo da definire uno strumento idoneo atto a prevenire la commissione d’illeciti (cd. reati presupposto) da parte delle figure apicali e dei dipendenti sottoposti.

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